XIII EDIZIONE
16-19 Marzo 2016
Quattro giornate, trenta proiezioni in gara e dibattiti che hanno visto la partecipazioni di registi e produttori, arrivati in Sardegna per confrontarsi con il pubblico di Al Ard, sempre più numeroso e appassionato.
Mercoledì 9 Emtiaz Diab, regista del film “Nun wa Zaytun” ha risposto alle domande del pubblico sul significato della lettera araba Nun, un elemento simbolico-mistico che pervade non solo il film, quanto tutta la sua esperienza di vita. Giovedì 10 il regista italiano Stefano Grossi, con il suo “Nemico dell’Islam?”, ha portato all’attenzione dei partecipanti la visione di un Islam cosiddetto integralista attraverso le parole di un famoso regista tunisino, Nouri Bouzid. Nella stessa giornata il poeta e scrittore palestinese, Ibrahim Nasrallah, ha presentato il suo ultimo lavoro “ Gli spiriti del Kilimangiaro”. Venerdì 11, la palestinese Emily Jacir ha parlato del suo lavoro di artista poliedrica che attualmente si divide tra scena palestinese e italiana. La giornata conclusiva di sabato ha invece visto la partecipazione di Nidal Badarny, comico e regista palestinese, che ha conquistato il pubblico con il film “30 Marzo”, nel quale racconta le proteste palestinesi del marzo 1976 successive al tentativo sionista di confiscare i terreni ai proprietari palestinesi per costruirvi insediamenti. |
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Premiazioni
Assegnare i premi non è stato un compito semplice, vista l’alta qualità dei film in concorso e la profondità delle tematiche trattate. Dopo svariate discussioni, i membri ormai storici della Giuria di Al Ard (Wasim Dahmash, Ibrahim Nasrallah, Monica Maurer, Giuseppe Pusceddu e Antonello Zanda) hanno deciso di assegnare il Premio per il Miglior Documentario in gara proprio a Emtiaz Diab e al suo “Nun wa Zaytun”, perché passa in rassegna la condizione umana che vivono milioni di uomini e donne attraverso una narrazione di tipo letterario che si avvicina alla poesia e adotta categorie comuni di antiche tradizioni della cultura popolare e alta, declinandole con una modernità in via di maturazione. Il Premio Al Ard (Miglior Documentario sulla Palestina) è andato a “The Living of the Pigeons”, del giovanissimo Baha’ Abu Shanab, perché con l’asciuttezza di un racconto esemplare apre una finestra sulla condizione reale di un popolo e ne fotografa la sistematica oppressione e umiliazione. Il film coinvolge lo spettatore e documenta senza compiacimenti un momento drammatico della realtà quotidiana. |
Trailer di “Nun wa Zaytun” film vincitore del Premio per il Miglior Documentario.
Il premio come Regista Emergente è stato assegnato a Ahmad al Bazz con il suo “To my Mother”, perché riesce con semplicità ed emozione a raccontare attraverso una storia personale la storia di un popolo, comunicando un messaggio pieno di umanità nel segno del rifiuto dell’occupazione e appellandosi all’unità dei palestinesi. Per usare le parole dell’autore e protagonista: “Noi non ci faremo distruggere dal dolore”. Riconoscimenti speciali. La Giuria ha assegnato due menzioni speciali ai film: “Roshmia”, di Salim Abu Jabal, e a “30 March/Yawm al ard”, di Nidal Badarny. Il pubblico invece ha deciso di premiare la spagnola Elena Herreros e il suo documentario “Dreams Behind the Wall”. La Commissione Organizzatrice del Festival ha altresì deciso di assegnare un riconoscimento ai film “Shujaiyya” del giovane Mohammad al-Mughanni, per il forte impatto emotivo con cui racconta come la guerra e l’assedio vadano a sconvolgere nel profondo l’intimità di una famiglia gazawi; e “Black Friday” di Jowsef Nateel, per l’immediatezza con cui le immagini e le parole dei sopravvissuti testimoniano il tragico Venerdì Nero, durante l’ultima operazione israeliana su Gaza, “Margine Protettivo”. Per concludere la maratona cinematografica, Monica Maurer ha presentato il lavoro di Annamarie Jacir, “When I saw you”, toccante spaccato della vita dei rifugiati palestinesi vista con gli occhi di un bambino. Ambientato in un campo profughi dell’UNRWA in Giordania nel periodo successivo la Guerra del ‘67, il film è la storia di tutti quei palestinesi che hanno trovato rifugio nei campi, senza mai abbandonare la speranza del ritorno. |